Raccolte già 1.500 firme per salvare il nosocomio. Anziana muore in attesa dei soccorsi. Pronti a bloccare l’accesso alla città. Rabbia per l’assenza di esponenti di minoranza.

VENOSA - Una domenica diversa dalle altre, quella di ieri, vissuta nella cittadina oraziana. Una domenica di protesta per cercare di salvare l’ospedale che ha avuto come triste prologo il decesso di un’anziana, morta sabato sera, a seguito di un inctus. L’anziana, nonostante la chiusura del reparto Utic e nonostante il pronto soccorso attivo funzioni solo di giorno, è stata subito trasportata in ospedale in attesa che da Melfi giungesse l’ambulanza per trasferire la donna. Ambulanza che, però, è arrivata troppo tardi. Alla luce anche di questo terribile episodio davanti l’ospedale di Venosa ieri mattina la gente era tanta. L’amministrazione comunale, gruppo di maggioranza “Progetto città” - col sostegno del “Movimento diritto alla salute, se non ora quando?” pro-loco, Coldiretti, Cna Basilicata, Circolo artigiani, Confartigianato, I democratici riformisti, “Giovane Italia” - ha allestito un presidio pro-ospedale permanente davanti al nosocomio di Venosa, dopo lo smembramento di alcuni reparti avvenuti alla fine di dicembre (Utic, Pediatria, Otorino, Chirurgia) per una raccolta firme da inviare alla Regione Basilicata. In poche ore sono state raccolte 1.500 firme. A sostenere questa iniziativa il parlamentare lucano del Pdl, Vincenzo Taddei, i sindaci di Lavello, Palazzo San Gervasio, Maschito, i consiglieri regionali, Venezia, Rosa e Napoli e quello provinciale Aurelio Pace.
Il sindaco di Venosa, Bruno Tamburriello ha detto: «qualcuno vocifera che ci siamo mossi in ritardo, dopo l'incontro dello scorso 25 ottobre alla presenza dell'assessore regionale alla Sanita, Martorano, si doveva prendere un provvedimento comune sull'ospedale di Venosa, ciò non è stato fatto, abbiamo subito provvedimenti dall'alto. Abbiamo avuto un cronicario che non sappiamo ancora quanto costerà. Lo smembramento dell'ospedale di Venosa è l'ultima goccia che fa traboccare il vaso, per non parlare della viabilità disastrosa da e per Venosa, per non parlare dell'Oraziana che non sappiamo quando sarà ultimata». Come se non bastasse la zona del Vulture-Melfe deve anche fare i conti con il tribunale di Melfi che è a rischio chiusura. Insomma «manca - ha aggiunto il primo cittadino di Venosa - il senso di responsabilità dei nostri governanti regionali. Siamo qui per recuperare una dignità perduta! Al fantomatico comitato pro-ospedale, che continua a fare incontri, dico: non siete di Venosa, uscite allo scoperto! Chiediamo che venga ridiscusso questo piano sanitario regionale che ci ha spogliato di servizi essenziali per la comunità del venosino, fino a costringerci a scendere in piazza. Invito la popolazione a firmare per far capire che Venosa non subisce la prepotenza dei nostri governanti regionali. Non lasciateci soli come lo scorso 25 ottobre, come hanno fatto tanti venosini». E c’è chi si dichiara già pronto a bloccare la viabilità, sia in entrata che in uscita, di Venosa se non si ridiscute questo scempio perpetrato ai danni del venosino. «Propongo - ha concluso il sindaco un consiglio regionale da tenersi a Venosa». Il deputato lucano, Vincenzo Taddei ha aggiunto: «sono a Venosa a testimoniare la solidarietà. Non è pensabile che si attui un piano sanitario regionale senza tener conto di delibere comunali. I provvedimenti vanno presi tenendo conto del territorio! E' demagogico quello che sta attuando l'assessore Martorano, questa è una battaglia di civiltà!». Il consigliere regionale Venezia, che è un cardiologo, ha aggiunto che «dopo l’ospedale Tinchi di Pisticci e quello di Stigliano, assistiamo allo smembramento di Venosa, il cui sindaco ha cercato fino all'ultimo di difendere. Il nuovo piano sanitario regionale non è ancora giunto nelle commissioni, di cui faccio parte, e già si attua. Nel 2010 la sanità regionale è costata un miliardo di euro, dopo un anno e mezzo, il costo è lievitato di altri 126 milioni di euro. Dove sta il risparmio con l'eliminazione degli ospedali? Sarebbe stato meglio, prima di tagliare, capire il tipo di patologia del territorio. Si emigra anche nel campo sanitario, ci vuole una rivolta delle coscienze. Venosa alza la testa». Anche i consiglieri regionali Rosa e Napoli hanno sostenuto che quello assunto dalla Regione «è un provvedimento arbitrario che colpisce il diritto alla salute e alla democrazia. E' stata attuata una logica che allontana i cittadini dalla politica». A portare il loro contributo i sindaci di Lavello, Annale - «a pagare non devono essere sempre i cittadini, per una visita specialistica non dobbiamo andare fino a Potenza» - quello di Palazzo San Gervasio, Pagano - «durante la campagna elettorale tutti mostrano attenzione per il nostro territorio, poi si fa il contrario. Nella mia comunità tutti nascevano a Venosa, adesso dobbiamo andare a Melfi» - quello di Maschito, Mastrodonato - «invece di potenziarla, la salute dei cittadini viene smembrata» - e il consigliere comunale di Forenza, Lambo - «per arrivare a Venosa dal mio paese ci vogliono 40 minuti, adesso più di un'ora per raggiungere Melfi» - mentre il presidente della pro-loco, Michele Duino su questa prima giornata di mobilitazione ha criticato il fatto che non «sia siano fatti vedere altri rappresentanti comunali (Castelgrande), provinciali (Gammone) e regionali (Mollica), visto che l’ospedale non è una questione partitica».
Fonte:www.ilquotidianoweb.it