«Una vita senza ricerca, non è degna di essere vissuta»: è questa frase, tratta dalla celebre Apologia di Socrate, a guidare la vita di Angela Lopomo, giovanissima studentessa universitaria e probabilmente una delle future menti destinate proprio alla ricerca. Da Palazzo san Gervasio, circa 5000 anime in provincia di Potenza, all’università di Pisa. Dalla vita tranquilla e un po’ monotona di provincia, cioè, a quella fitta di esperimenti da laboratorio, in una delle più prestigiose università italiane. Biologia molecolare è la facoltà che ha scelto di studiare con passione e dedizione, al punto da bruciare tutte le tappe e conseguire, con 110 e lode, la laurea triennale a neppure 22 anni. Una tesi dal titolo incomprensibile per i non addetti ai lavori (Polimorfismi dei geni Slc25A13 e Dat1 ed abilità di guida prima e dopo l’assunzione di etanolo), che, però, tradisce le tante notti insonni sui libri, l’ansia prima di ogni esame, i pomeriggi passati in laboratorio, tra provette e microscopi. Poi, come sempre accade per chi tanto si spende, arrivano le soddisfazioni e in questo caso si tratta di un riconoscimento ufficiale: un ricordo che il rettore dell’Università di Pisa, assieme ad una cifra simbolica, ha consegnato ai migliori studenti dell’ateneo, che sono riusciti a laurearsi in tempi brevissimi e con ottimi risultati. Insomma, ci sarebbero tutti gli ingredienti per montarsi la testa. Ma non per Angela: un filo di trucco appena accennato, su un viso pulito ed onesto, che risulta quasi dissacrante nella sua semplicità, quando sorride e afferma umile: «Non credo di aver fatto nulla di straordinario: ho solo studiato, come mi hanno sempre insegnato. E se sono contenta è perché ho regalato una soddisfazione ai miei genitori».

Perche proprio Pisa? «La scelta, all’epoca, fu dettata dall’immagine che avevo impressa negli occhi della straordinaria piazza dei miracoli, con il verde acceso del prato e l’azzur ro intenso del cielo. La bellezza architettonica di questa città mi ha sempre affascinato. E poi Pisa spicca tra le altre università di Italia per il settore scientifico». 

Come è stato lasciare un piccolo centro di una regione già piccola ed ignota ai più, per partire alla volta di una delle sedi universitarie più prestigiosa dello Stivale? «All’inizio è stata molto dura, perché era la prima volta che uscivo di casa per più di quindici giorni, periodo massimo di vacanze trascorso comunque con sorella ed amici. A diciotto anni non è semplice gestirsi da soli, imparare a pagare una bolletta, a cucinare, stirare, rassettare e studiare contemporaneamente. Soprattutto, non è bello essere soli e non avere qualcuno con cui sfogarsi. Insomma, il primo anno l’impatto è stato difficile, ma c’era anche la novità dell’università, delle nuove amicizie da allacciare. Ben peggiore è stato il secondo, quando ho affrontato lo studio di materie molto pesanti. L’anno più bello, invece, è stato il terzo, quando ho potuto finalmente cominciare il tirocinio nel laboratorio di genetica e vedere in pratica quello che avevo studiato in teoria. E quando mi ha raggiunta mia sorella, anch’ella iscritta all’Università di Pisa». 

In cosa consiste il lavoro di laboratorio? «La mia tesi ha affrontato lo studio del rapporto che intercorre tra predisposizione genetica e smaltimento dell’etanolo. In che modo, cioè, l’etanolo influenzi i comportamenti delle persone. Per giungere alla conclusione che l’alcool rallenta, e di gran lunga, i tempi di reazione in chi ha una predisposizione genetica, ho lavorato sul Dna estratto da saliva. È stato faticoso, ma molto avvincente, perché lavorare sul Dna significa lavorare sulla vita, sulla cellula per eccellenza». 

Quali sono i progetti per il futuro? «Ora devo conseguire la laurea specialistica e ho due possibilità: continuare questo lavoro sull’alcool, seguendo il mio professore, che stimo moltissimo, oppure andare all’estero, come tirocinante, per approfondire un discorso già iniziato sulle cellule staminali. Ho ancora un po’ di tempo per decidere e cercherò di scegliere per il meglio. Ammetto, però, che mi piacerebbe molto diventare genetista». 

Dna, cellule staminali: rientrano nel percorso di studi anche le questioni etiche? «Certo. I problemi bioetici sono all’or - dine del giorno quando ci si imbatte «nella vita» e non è sempre semplice prendere posizione. Bisogna lavorare anche su questo ». Quella toscana è una scelta «per sempre»? 

O c’è, in futuro, la possibilità di tornare in Basilicata? «Amo la mia terra, sono molto legata alla Basilicata, ma devo ammettere che qui a Pisa mi trovo davvero bene: mi sono inserita ormai e mi accorgo che la qualità della vita è molto buona. So, inoltre, che giù non avrei le possibilità che mi vengono offerte in Toscana. Sono molto combattuta, anche perché a Palazzo ho lasciato i miei genitori, ai quali sono legatissima e spesso mi dico che loro per me hanno fatto tanto e continuano a fare tanto. Per me e mia sorella ci sono sempre stati. Quando loro invecchieranno, io ci sarò?». 

È la triste litania di un sud che perde ogni anno centinaia di giovani, pronti a trasferirsi in cerca di migliori opportunità. «Già, è vero. So di non essere la sola e questo mi addolora maggiormente, perché sembra che non ci sia rimedio, ma solo rassegnazione in chi è nato da Roma in giù. Eppure, io sono fiera delle mie origini e spero tanto che un giorno le cose possano cambiare. Per me e per quanti sono stati costretti ad andare via».
Fonte:www.lagazzettadelmezzogiorno.it