LAVELLO - Oro rosso contro oro nero. Pomodori e petrolio. Sono i due volti di una Basilicata ricca di contraddizioni. Da una parte l’immagine di una Lucania povera e triste, alla Carlo Levi, che non scolorisce nonostante il tempo; dall’altra quella di una regione diventata il Texas italiano, con 31,8 milioni di barili estratti.


Quattromila e trecento gli ettari coltivati a pomodoro, il 4 per cento del pomodoro da sugo italiano viene da qui. Concentrato, pelato, polpa, triturato, succhi, cubettato, passata. Eccolo, uno dei grandi serbatoi dell’industria di trasformazion e. Ma la pioggia di «royalty», i diritti economici pari al 7% del valore del petrolio, qui, nella valle del Bradano, non arriva. L’unico nero che luccica, da queste parti, è il colore della pelle dei braccianti extracomunitari, bruciata dal sole cocente. Il raccolto è come la roulette russa. L’altro giorno, nelle campagne di Lavello, un fulmine ha incenerito un lavoratore del Burkhina Faso: stanno ancora cercando di identificarlo.

Terra di luce, intensa e diffusa, che abbraccia la campagna, la avvolge dall’alba al tramonto. Tutto inizia quando il sole fa capolino e termina quando la palla rosso fuoco svanisce. Dieci, dodici ore di lavoro, con la schiena piegata, per racimolare 40/45 euro al giorno. Per tre settimane. Se tutto va bene. Tanto dura il periodo della raccolta del pomodoro che ha una caratteristica diversa dalla Capitanata: matura dopo. Prima a Lavello e Gaudiano. Poi, a Venosa, Genzano, Montemilone e Palazzo San Gervasio.

“I neri” si pagano a cassone. In realtà si tratta di enormi cassette di plastica, senza fondo, da impilare a file di quattro sui rimorchi degli autoarticolati, pronti a raggiungere la Campania. Tra qualche giorno la presenza dei braccianti africani raggiungerà il top. L’avanguardia del piccolo esercito c’è già. I numeri? «Difficile quantificare», spiegano all’ufficio provinciale per l’Agricoltura di Lavello. Da quest’anno è partita la procedura di accredito on-line. Si inseriscono i dati sul computer e voilà. Ma per le statistiche c’è un po’ di confusione. Mentre fino a ieri si scriveva sul pezzo di carta «bracciante agricolo stagionale per la racccolta del pomodoro», oggi basta «bracciante agricolo«. Che vuol dire tutto e niente. Allora, bisognerebbe procedere azienda per azienda, oppure col codice fiscale di ogni lavoratore. Impresa titanica.

«La settimana prossima terremo un incontro ufficiale», spiega il funzionario, disponibile e cortese. La percezione, comunque, è che le cifre siano minori rispetto agli altri anni. Quattro, cinquecento lavoratori in tutto, tra regolarizzati e non. I censimenti non sono mai facili. Perché nonostante la produzione prevista sia da record, il sole, quindi il terreno compatto e asciutto dei campi, ha consentito un ampio ricorso ai macchinari. Che significa meno lavoro per le braccia. La tecnologia aiuta e toglie. Lavoro, soprattutto. Così la macchina avanza, aspira le piante col frutto che «la squadra » ha pazientemente provveduto a sdradicare e accumulare. Da una parte «la proboscide» versa l’oro rosso nei cassoni, dall’altra esce quello che rimane delle piante. Da bruciare in una fase successiva. Tutto procede come in un’orchestra. Ogni macchinario ha bisogno di sei lavoratori.

Nulla è lasciato al caso. Il motivo? Non si può perdere tempo. L’occhio è sempre al cielo. Quando c’è il sole, il raccolto va effettuato nel giro di tre giorni. Altrimenti non è più utilizzabile. Se piove, aumenta il rischio che il pomodoro marcisca e addio salario. Lotta contro il tempo, dunque. Alla Eugea mediterranea di Lavello, lo stabilimento collegato alla Doria, aspettano l’oro rosso come la manna. Una cinquantina di dipendenti assunti stabilmente, almeno 450 gli stagionali. L’industria è in grado di lavorare 800mila quintali di pomodoro. C’è l’accordo sul prezzo per il prodotto da industria:
79,5 euro a tonnellata. Roba da tesoretto: l’anno scorso tra Puglia e Basilicata il raccolto è stato di 16,5 milioni di quintali.

30/8/2008

Fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO