La Via Crucis senza Giuda. Come Otello senza Iago, Biancaneve senza Grimilde. Eppure succede, a Palazzo San Gervasio, poco più di 5.000 anime tra il Monte Vulture e la Murgia, nel nord della Basilicata. Un territorio famoso per l’intensità della sua Settimana Santa: riti, processioni, Misteri. E la Via Crucis, solenne e magica. Quest’anno, tuttavia, la scena del bacio nell’orto degli ulivi viene cancellata dalla sceneggiatura evangelica. Nessuno vuole vestire i panni del traditore. Giuda? Fallo tu! No, fallo tu. No tu. Ma lo scorso anno chi lo ha fatto? Antonio. Gli organizzatori sono andati allora a bussare a casa di Antonio, che ha continuato a dire no. «Dall’anno scorso mi è rimasto qualcosa dentro di fastidioso, una sensazione strana. No, no il traditore non lo faccio. Farò il ladrone, quello buono, però». 

Così, dopo l’ammutinamento di Antonio, a Palazzo San Gervasio Giuda esce di scena. Strappata una pagina di storia. Di più. Scompare uno stereotipo fondamentale nella narrazione del bene e del male, del bianco e del nero. Giuda addio. E se un giorno la deriva del sorriso portasse ad abolire pure la cupissima Addolorata? L’altra possibile interpretazione sulla decadenza di una figura come Giuda, pesca invece nella deviata liturgia mafiosa. Perché l’Iscariota, diciamolo, era un bell’infame. E gli infami, nelle Onorate Società, non piacciono affatto. Non è un caso che il regista Davide Ferrario, nel suo ultimo film «Tutta colpa di Giuda» affronti proprio il tema del rifiuto da parte dei detenuti del carcere di Torino a vestire i panni dell’Iscariota in una Via Crucis pedagogica pensata per redimerli. Redenzione sia, ma i panni dell’«infamone» li vesta qualcun altro.

Non manca, tuttavia, del sano revisionismo sulla controversa storia di Giuda. Nel 2006, un gruppo di ricercatori della National Geographic Society pescò un testo del 300 dopo Cristo, il «Vangelo di Giuda», un inedito, in tutti i sensi. Nel testo la figura del «traditore» si riscrive al rovescio come l’apostolo più amato da Gesù che lo sceglie addirittura tra tutti gli altri per chiedergli di consegnarlo ai soldati romani. «Tu farai sì che venga sacrificato l’uomo entro cui io sono». Una figura chiave, necessaria per ricomporre la grande storia terrena e spirituale di Gesù Cristo. Fantastico. Chi ci avrebbe mai pensato? E infatti la singolare teoria è stata ben presto ricoperta dalle sabbie dell’oblìo. Perché a noi Giuda piace cattivo, e nessuno ci farà cambiare idea. 

Sarà un caso che perfino il celebre musical di Broadway, «Jesus Christ superstar», nella sua versione cinematografica, assegnava la parte dell’apostolo traditore, in maniera provocatoria, a un attore di colore. Dovessimo ambientarlo oggi in Italia, Giuda sarebbe probabilmente uno di quei rumeni crudeli pronti a tutto, anche per meno di 30 denari. Con questo frammento mancante, senza bacio, senza tradimento, senza condanna, senza espiazione, il piccolo paese del Vulture si prepara a rappresentare la tradizione di sempre. Con le catene e con le croci, con gli angeli bambini e la singolare figura della Zingara, che solo in questo lembo d’Italia compare da protagonista, ricca di ori, al seguito del Cristo. Gli abitanti dei vari centri del Vulture prestano per questa sacra rappresentazione i gioielli, le catenine, i bracciali perché la Zingara li indossi tutti insieme, con la bocca fiammeggiante di rossetto e le movenze ammiccanti. Da queste parti, è la trasfigurazione del peccato della lussuria. Ma, per quel che si sa, nessuna si è mai rifiutata di interpretarla.

Fonte:

La Gazzetta del Mezzogiorno - Bari,Italy