DIARIO DI TRE ANNI DI DIRIGENZA SCOLASTICA
Il prossimo 31 Agosto, come previsto dalla normativa vigente, scade il contratto triennale che mi ha permesso di svolgere l’incarico di Dirigente scolastico in questo Istituto “Camillo d’Errico” di Palazzo S. Gervasio. Il Direttore Generale per la Basilicata, con decreto del 3 agosto 2011, prot. n. 7061, ha già assegnato i nuovi incarichi dirigenziali tra cui quello che mi vede, dal 1 settembre 2011, dirigente presso l’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato “G. Giorgi” di Potenza (la mia sede di residenza). Non nascondo l’entusiasmo verso questa nuova sfida; avverto la stessa carica motivazionale che ha pervaso il mio animo quando scelsi la sede di Palazzo S. Gervasio. I tanti interrogativi, le incognite che accompagnavano il mio nuovo futuro professionale -ma anche esistenziale -non mi hanno mai spaventato, dominata com’ero dalla forza di operare, puntando alla qualità del servizio. Nel voltare lo sguardo verso il passato, mi rivedo in pieno agosto 2008, girovagare nelle strade assolate di questo Comune, alla ricerca di una sistemazione logistica dove domiciliare. Non dimenticherò mai il sostegno di quella cara persona che mi permise di trovare la dimora che tra pochi giorni abbandonerò: era il mio primo contatto con questa realtà territoriale; dovevano rientrare dalle vacanze gli altri due, che avevo conosciuto per motivi professionali e dei quali avevo apprezzato l’alto senso di onestà intellettuale. Ciò mi rassicurava, avendo ricevuto notizie non molto confortanti riguardo a taluni problemi territoriali…


Ma le dicerie vanno sempre prese con le pinze! E ben presto ho appurato che la società nella quale mi sarei imbattuta era genuina; sì,chiusa e diffidente, ma sostanzialmente sana. Fin dai primi giorni di scuola ho appurato che i “miei” alunni andavano scolarizzati. Per quanto fossero autentici e schietti, sicuramente buoni interiormente, il loro comportamento era inadatto e irrispettoso verso l’ambiente scolastico. Detto per inciso: non era possibile che le sedie volassero dalle finestre, per non parlare delle bottiglie e delle carte (oltre al gesto incivile, si deturpava il verde pubblico); la scuola non poteva essere un albergo dove entrare ed uscire a proprio piacimento; non ci si poteva muovere come bisonti; non era necessario urlare e usare un linguaggio scurrile per comunicare, tanto meno fumare come ciminiere producendo rischi evidenti a se stessi e alla salute altrui…

Le condizioni generali in cui versava l’Istituto erano precarie e io avevo tre anni di tempo: pochi, per trasformare errate abitudini in valori condivisi. L’unica strategia era bruciare le tappe con regole chiare e precise; anche a costo di conquistare l’impopolarità, il disprezzo di chi non avrebbe capito per inconsapevolezza o, peggio, di chi non voleva ammettere l’inadeguatezza del suo pensiero in un contesto formativo qual è la Scuola. La verità colpisce meglio di un fendente!

Il Personale con cui iniziavo questa avventura professionale ha prontamente sostenuto la mia mission, condividendo le nobili finalità; del resto, avere a che fare quotidianamente con ragazzi corretti ed educati avrebbe agevolato il lavoro a tutti e favorito uno sviluppo più efficace all’intera comunità. Così è stato!

In tre anni gli alunni sono cambiati radicalmente. Un esempio che continuo a citare nei miei racconti interpersonali è il diverso atteggiamento che oggi rilevo negli studenti quando scendono dai bus la mattina e lo stile con cui si muovono per raggiungere la scuola. In passato, lo scenario non era tanto gradevole: ogni giorno dalle finestre chiuse della mia abitazione giungeva la rumorosità del loro arrivo; in qualunque stanza mi trovassi, echeggiava lo stridore delle loro urla; senza vederli, riuscivo a percepire i loro strattonamenti e la confusione che generavano.

Dopo tre anni di intenso lavoro e negli ultimi mesi di scuola ho avvertito il dubbio che ogni giorno potesse esserci sciopero dei mezzi di trasporto, tanto il silenzio, la compostezza con cui i medesimi calcavano quel percorso palazzese; quando li ritrovavo lungo la strada avvertivo, finalmente, il loro senso del dovere nell’affrontare una nuova giornata di studio e di impegno scolastico. Che meraviglia vederli così diversi da come li avevo conosciuti! Nel cammino, mi compiacevo delle tante lotte, dei dissapori, delle loro imprecazioni perché ormai appartenevano al passato: quell’andatura così composta, emblema di una radicale trasformazione, mi ripagava di tutti i dispiaceri subìti. Loro non sanno che dietro l’ampio sorriso con cui li salutavo al mattino, c’era la dedica di un’attenzione speciale: “Dio mio benedici questi ragazzi e illuminali verso i migliori comportamenti, fa’ che con il loro ingegno possano aiutare l’umanità a vivere meglio”. I primi riscontri li ho avuti e sono certa che le mie parole saranno letteralmente esaudite.

Con la stessa convinzione so che la mia opera è stata apprezzata anche da coloro che non mi hanno sostenuto appieno; anch’essi ne hanno tratto vantaggio, non fosse altro perché avere a che fare con giovani disciplinati presuppone un dispendio di energie inferiore, sicché famiglie, scuola Territorio,

tutti, ne hanno beneficiato. Le regole non piacciono, se è per questo neanche a me, dovendole immaginare come un’opposizione alla libertà mentale ma mi sforzo di osservarle nella convinzione che rappresentano un tassello indispensabile per lo sviluppo della società; ognuno di noi è una tessera che compone il mosaico dell’umanità e, quanto più l’impegno del singolo è giusto ed esemplare, tanto più velocemente il disegno complessivo che emerge sarà bello e se ne potranno apprezzare tutte le sfaccettature virtuose. Il livello qualitativo di questa scuola è aumentato, lo dimostrano i dati dell’indagine OCSE/PISA pubblicati sul sito web, per non parlare del numero di

iscritti: sono in incremento, nonostante la lotta -impari- intentata annualmente dal tasso di denatalità e dalla spietata concorrenza delle altre scuole. Tutto ciò premia il lavoro silente e certosino svolto, giorno dopo giorno, tra le mura scolastiche, senza tanti convegni né proclami pubblicitari. Lascio una parte della mia esistenza a Palazzo S.Gervasio, anche se di questa piccola comunità, personalmente ho assaporato poco o niente. Molti avranno giudicato male, le mancate partecipazioni della Preside ai vari eventi culturali, civili, religiosi. Mi scuso con i tanti promotori ai quali ho declinato l’invito. Finalmente, posso svelare che la scelta-ancora una volta- è stata dettata dalla grande attenzione che nutro verso il prossimo e dalla volontà di non scontentare alcuno: partecipare ad un evento, avrebbe significato -obbligatoriamente- seguirli tutti. Non potevo, presa com’ero, dall’ardito progetto di modificare la mentalità dei giovani di questo Territorio. Impresa improba, ma non impossibile, come dimostrano i fatti…

Le ore delle mie giornate sono state, per tre anni, scandite dal pensiero fisso di questa scuola; ad escogitare strategie organizzative e a seguire le variegate pratiche amministrative e didattiche quotidiane. Le ore mattutine si differenziavano da quelle notturne solo per il silenzio delle tenebre,che favorivano, peraltro, una maggiore ispirazione. La mia unica “uscita” è avvenuta solo di recente, presso la cattedrale di Acerenza, quando è stata inaugurata la nuova pavimentazione. Sapevo che di lì a poco avrei ottenuto il trasferimento nella mia città, pertanto, volevo rendere omaggio a S.E. Rev.ma Mons. Ricchiuti quale “intermediario” dell’intimo ringraziamento mistico, per la realizzazione del mio progetto professionale in questa sede. Ora mi attende un nuovo impegno, analogo, se non più gravoso di quello già sostenuto, vista la complessità della scuola che andrò a dirigere. La ricongiunzione ai miei affetti più cari mi darà la carica aggiuntiva che qui, a Palazzo S.G. è mancata, anche se dovrei aggiungere “solo un poco”, pensando alle persone squisite che hanno condiviso i miei obiettivi e gli stessi ideali di Scuola. A loro, dire Grazie, significherebbe rendere riduttivo il doveroso senso di riconoscenza. Con queste belle persone, sono bastati gli sguardi, per essere reciprocamente inondati da quella fiducia che, oggigiorno, non è proprio facile provare; una fiducia disinteressata, finalizzata ad un progetto comune e, quanto più gratuita, tanto più prorompente di vitalità. Potranno cambiare dirigenti, colleghi, assistenti, cittadini comuni, nella scuola come nella società, queste Persone non cadranno mai nel dubbio o nel rimorso di “aver fatto” o di “aver detto” (dolore insanabile di un’autonoma gestione personale e professionale): la serenità che domina le loro coscienze, supera il rischio dell’inciampo e ne favorisce l’elusione.

Queste sono le persone del futuro! Capaci di vivere di luce propria: gli apparenti riflessi, altro non sono, che l’alone alimentato dall’incontro sinergico delle forze sprigionate da chi, come loro, elargisce generosamente impegno e passione. E chi li scredita riconosce l’impossibilità di raggiungere gli stessi livelli, di qui il ricorso alla denigrazione come viatico della propria pochezza.

Grazie ad essi, vado via con un’energia rinnovata, convinta che l’opera riformatrice attuata in questa scuola, rappresenta il più bel dono che potessi dedicare, principalmente a loro che sono residenti e che hanno tanto a cuore l’affermazione di questo Territorio. Confido in loro affinché il solco tracciato in questi anni, con dedizione e impegno, possa proseguire. Lascio a Palazzo S. Gervasio un pezzo del mio cuore, con la speranza che non vi saranno retrocessioni rispetto all’impostazione data a questa scuola e che la solidarietà tra gli uomini e le donne di questa comunità, possa finalmente prendere il sopravvento sull’individualismo deleterio, contro cui ho dovuto lottare nel corso di questi tre anni. La mia figura sarà stata anche osteggiata ma l’opera di ricostruzione culturale resta e dovrebbe essere talmente radicata da produrre gli stessi esiti di un sasso lanciato nel laghetto di S.Giulia: come cerchi concentrici, il futuro degli adolescenti può oramai aprirsi a migliori orizzonti.

E questo è l’augurio che porgo ai MIEI ragazzi e a Voi tutti che, seppur indirettamente, ne potrete trarre vantaggio.

Con affetto.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO

Giovanna Sardone