Nabir, così lo chiamavamo, è in Italia da 7 anni, vive a Palazzo San Gervasio dal 2007 ha lavorato p/o diverse aziende in agricoltura e in edilizia oltre a prestare le sue braccia per piccoli lavori saltuari nelle attività più varie. Pur lavorando in modo continuativo non è mai riuscito a regolarizzarsi con un datore di lavoro. L’OMB lo ha conosciuto tanti anni fa, aveva una benda che gli fasciava la testa e che evidentemente copriva una brutta ferita. Lui ci aveva detto che quella ferita era dovuta ad una lite scoppiata perché aveva denunciato ala stampa il sistema del caporalato che interessa la raccolta dei pomodori. Lo abbiamo conosciuto assieme a “Pellegrino” un altro tunisino che da poco era stato vittima di una retata fatta in una azienda agricola e che per non avere i documenti in regola era stato rinchiuso al CPT di Bari. Pellegrino in realtà il Permesso di Soggiorno gli era scaduto e non riuscendo a trovare lavoro nei sei mesi concessi dalla Bossi Fini non poteva più soggiornare sul suolo italiano.
Lo scorso giovedì, subito dopo la notifica di espulsione, esprimeva il proprio stato di grave disagio li veniva proposta la prospettiva di Ritorno in Patria (Tunisia) attraverso il progetto NIRVA, possibilità che comunque egli non poteva usufruire perché privo dello status di rifugiato politico o vittima di tortura e violenza. Non è nelle sue intenzioni rientrare in Patria anche perché come tutti sanno in questo momento dalla Tunisia molti fuggono proprio in Italia a Lampedusa.

Nabir diceva di essersi rivolto a tutti per poter trovare una soluzione a questo decreto di espulsione emesso nei suoi confronti, senza esito, minacciava quindi di voler compiere questo gesto di autolesionismo dandosi fuoco in piazza. L’indomani quando I carabinieri sono andati a prelevarlo dalla sua abitazione ha tentato di compere quel gesto premeditato, stando alla cronaca vedi articoli pubblicati sulla Nuova del Sud e sulla Gazzetta del Mezzogiorno, fortunatamente non è riuscito nel suo intento di autolesionismo estremo. Temiamo che possa reiterare in carcere tale gesto.

Il nostro sportello legale si sta occupando del caso, non neghiamo ancora una volta che il tutto sarà
finanziato dalla nostra associazione, per cui chiediamo a chi ci segue di aiutarci nella raccolta fondi,
affinché tutti gli uomini e donne nel nostro Paese possano avere una giustizia giusta.